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  • Generali registra un aumento del 10% dell’utile operativo nei primi nove mesi grazie al minore impatto delle catastrofi naturali

    Generali registra un aumento del 10% dell’utile operativo nei primi nove mesi grazie al minore impatto delle catastrofi naturali

    Generali (BIT:G) ha riportato una solida crescita a doppia cifra dell’utile nei primi nove mesi dell’anno, sostenuta dalle buone performance del ramo danni, che ha beneficiato di un numero inferiore di sinistri legati a catastrofi naturali.

    L’utile operativo — il principale indicatore monitorato dal gruppo — è salito del 10,1% a 5,9 miliardi di euro, mentre l’utile netto rettificato è aumentato del 14% a 3,3 miliardi di euro. Entrambi i risultati sono sostanzialmente in linea con le stime di consenso.

    «Dopo due anni caratterizzati da impatti significativi dovuti a catastrofi naturali, il 2025 ha finora mostrato un andamento favorevole, con un impatto di 573 milioni di euro nei primi nove mesi, pari a poco più della metà del budget annuale dedicato alle catastrofi naturali», spiega il CFO Cristiano Borean in un comunicato stampa.

    «Abbiamo quindi deciso di sfruttare questo momento positivo rafforzando ulteriormente il nostro bilancio e aumentando la nostra fiducia nel superamento dei nostri obiettivi strategici», ha aggiunto.

  • DAX, CAC, FTSE100, Le borse europee raggiungono nuovi massimi storici mentre lo shutdown USA si avvicina alla fine

    DAX, CAC, FTSE100, Le borse europee raggiungono nuovi massimi storici mentre lo shutdown USA si avvicina alla fine

    Le borse europee hanno toccato nuovi massimi storici mercoledì, spinte dall’ottimismo che il più lungo shutdown del governo statunitense nella storia possa concludersi a breve, mentre la Camera dei Rappresentanti si prepara a un voto decisivo.

    Il sentiment degli investitori è stato ulteriormente sostenuto dai dati sull’inflazione tedesca più deboli del previsto, che hanno attenuato i timori sulle pressioni sui prezzi nella più grande economia europea.

    Secondo i dati finali di Destatis, i prezzi al consumo in Germania sono aumentati del 2,3% su base annua in ottobre, in lieve calo rispetto al 2,4% di settembre e pienamente in linea con le stime preliminari.

    «Il continuo aumento superiore alla media dei prezzi dei servizi è stato una forza trainante dell’inflazione», ha dichiarato Ruth Brand, presidente di Destatis.

    L’inflazione armonizzata dell’UE è scesa anch’essa al 2,3% dal 2,4% del mese precedente, in linea con le attese.

    Sui mercati regionali, sia il CAC 40 francese sia il DAX tedesco sono saliti dell’1,3%, raggiungendo nuovi record, mentre il FTSE 100 britannico è rimasto pressoché invariato.

    Tra i singoli titoli, LEG Immobilien (TG:LEG) è avanzata dell’1,6% dopo aver pubblicato solidi risultati sui primi nove mesi e aver confermato di essere in linea con gli obiettivi annuali.

    RWE (TG:RWE) ha guadagnato il 3,3% dopo che il produttore tedesco di energia ha superato le attese sugli utili dei nove mesi, mentre Infineon (TG:IFX) è salita dell’1% dopo aver alzato il target di vendite per il 2026 nel segmento delle forniture AI.

    Nel settore sanitario e agricolo, Bayer (TG:BAYN) è aumentata del 2,4% dopo che il suo utile rettificato del terzo trimestre ha superato le previsioni di mercato.

    Al contrario, Swiss Life (TG:SLW) ha perso il 2,3% dopo risultati misti sui primi nove mesi, mentre ABN AMRO (EU:ABN) è salita del 2,4% dopo aver annunciato un accordo per acquisire NIBC Bank dal fondo di private equity Blackstone.

    A Londra, BAE Systems (LSE:BA.) è salita di circa l’1% dopo che il gruppo ha confermato le sue previsioni annuali, mentre Taylor Wimpey (LSE:TW.) è scesa del 3,2% a causa di un calo dell’11% nelle vendite private settimanali per sito durante il periodo autunnale chiave.

    Infine, Edenred (EU:EDEN) è crollata dell’8,2% dopo che la società francese di buoni pasto ha avvertito che ridurrà le sue previsioni di utile per il 2026, pesando sul settore dei servizi finanziari.

  • Dow Jones, S&P, Nasdaq, Futures, Wall Street pronta ad aprire in rialzo grazie alla spinta del settore tecnologico

    Dow Jones, S&P, Nasdaq, Futures, Wall Street pronta ad aprire in rialzo grazie alla spinta del settore tecnologico

    I futures statunitensi indicano un avvio positivo per mercoledì, segnalando un rimbalzo a Wall Street dopo la seduta contrastata del giorno precedente.

    Le azioni tecnologiche sembrano destinate a guidare il rialzo iniziale, con i futures sul Nasdaq 100 in crescita dello 0,6%, a conferma del rinnovato interesse per il settore.

    Advanced Micro Devices (NASDAQ:AMD) è salita del 6,5% nel pre-market dopo che la CEO Lisa Su ha dichiarato che l’azienda si aspetta una crescita media annua dei ricavi superiore al 35% nei prossimi tre-cinque anni. Su ha inoltre previsto che AMD potrebbe raggiungere una “quota di mercato a doppia cifra” nel segmento dei chip AI per data center, attualmente dominato da Nvidia (NASDAQ:NVDA).

    Anche le azioni Nvidia sono in rialzo prima dell’apertura dei mercati, recuperando parte delle perdite subite martedì, quando il forte calo del titolo aveva pesato sul Nasdaq.

    L’ottimismo generale sui mercati è sostenuto anche dagli sviluppi a Washington, dove la Camera dei Rappresentanti si prepara a votare la legge che porrà fine al più lungo shutdown governativo nella storia degli Stati Uniti. Il Senato ha già approvato il provvedimento lunedì, estendendo i finanziamenti federali fino al 30 gennaio, e l’approvazione della Camera è attesa in giornata.

    Martedì, i principali indici hanno mostrato andamenti divergenti dopo il forte rialzo di inizio settimana. Il Dow Jones Industrial Average ha proseguito la sua corsa, salendo di 559,33 punti (+1,2%) a 47.927,96, mentre l’S&P 500 è avanzato di 14,18 punti (+0,2%) a 6.846,61. Al contrario, il Nasdaq Composite ha perso 58,87 punti (-0,3%) chiudendo a 23.468,30.

    La seduta contrastata ha riflesso una crescente incertezza tra gli investitori riguardo alle valutazioni di mercato e alla sostenibilità del rally tecnologico, con alcuni timori su una potenziale bolla del settore tech.

    I titoli avevano registrato un rally all’inizio della settimana grazie all’ottimismo per la possibile fine dello shutdown record del governo statunitense, recuperando parte delle perdite subite nella settimana precedente. Tuttavia, i dubbi sulle valutazioni e sull’impatto economico complessivo della chiusura del governo restano presenti.

    Tra i titoli in evidenza, Nike (NYSE:NKE), Merck (NYSE:MRK) e Amgen (NASDAQ:AMGN) hanno sostenuto il Dow, mentre il Nasdaq è stato appesantito da un calo del 3% di Nvidia, dopo che SoftBank ha venduto l’intera partecipazione da 5 miliardi di dollari nella società.

    Con la probabile risoluzione dello shutdown e il rimbalzo dei titoli tecnologici, gli investitori guardano alla giornata di mercoledì con un cauto ottimismo.

  • doValue in rialzo del 7% dopo risultati del terzo trimestre in linea con le attese

    doValue in rialzo del 7% dopo risultati del terzo trimestre in linea con le attese

    doValue (BIT:DOV) ha pubblicato i risultati del terzo trimestre, sostanzialmente in linea con le previsioni degli analisti, registrando ricavi lordi pari a 123 milioni di euro, in aumento del 23% su base annua, ma circa l’1% al di sotto delle stime.

    L’EBITDA rettificato ha raggiunto 38 milioni di euro, con una crescita del 33% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno e perfettamente in linea con le attese. La performance è stata sostenuta da costi operativi leggermente inferiori, con un cost-to-income ratio del 67%, ossia 40 punti base sotto le previsioni.

    Dopo la pubblicazione dei risultati, il titolo doValue è salito del 7% in Borsa.

    Come previsto, la generazione di cassa è stata stagionalmente più debole, ma la società ha registrato un ulteriore contributo positivo dal capitale circolante, con un rilascio di cassa di circa 2 milioni di euro nel trimestre. Tuttavia, maggiori esborsi fiscali hanno portato a un leggero aumento dell’indebitamento netto, che si è attestato a 493 milioni di euro, circa l’1% sopra le stime.

    Da inizio anno, doValue ha ottenuto nuovi mandati per un valore complessivo di 12,4 miliardi di euro, superando già il target 2025 di 12 miliardi, in precedenza rivisto al rialzo rispetto all’obiettivo iniziale di 8 miliardi. Inoltre, la società ha annunciato l’estensione dell’accordo di Forward Flow con BPER, ora ampliato per includere anche BPSO.

    Il management ha confermato la guidance per l’intero esercizio, prevedendo un EBITDA rettificato compreso tra 210 e 220 milioni di euro, un free cash flow di 60–70 milioni di euro e un rapporto debito netto/EBITDA rettificato di 2,0x.

  • A2A in calo di oltre il 6% dopo il piano strategico con previsioni deboli per il 2026

    A2A in calo di oltre il 6% dopo il piano strategico con previsioni deboli per il 2026

    Le azioni di A2A SpA (BIT:A2A) sono scese di oltre il 6% mercoledì, dopo che la multiutility italiana ha presentato il suo nuovo piano strategico, che ha mostrato stime più deboli nel breve termine, nonostante previsioni più solide nel lungo periodo.

    La società ha confermato le linee guida per il 2025 nella parte alta della precedente forchetta, prevedendo 2,2 miliardi di euro di EBITDA ordinario e 700 milioni di euro di utile netto, valori in linea con le stime di consenso di Bloomberg, che gli analisti hanno definito neutri.

    Per il 2026, le previsioni sono risultate leggermente inferiori alle attese. A2A stima un EBITDA ordinario compreso tra 2,21 e 2,25 miliardi di euro, in linea con il consenso di 2,24 miliardi, ma un utile netto tra 630 e 660 milioni di euro, circa il 5% inferiore ai 682 milioni di euro attesi dagli analisti.

    Morgan Stanley ha commentato in una nota: “we see downward pressure on street estimates for 2026 and view this as a small negative within today’s release.”

    Il quadro di lungo periodo appare più incoraggiante. Secondo Morgan Stanley, “the 2028 guidance was essentially the reverse of 2026,” con EBITDA ordinario in linea con le attese e utile netto circa il 5% superiore. Per il 2028, A2A punta a 2,4 miliardi di euro di EBITDA ordinario e 700 milioni di euro di utile netto.

    Le previsioni per il 2030 sono ancora più ambiziose: 2,8 miliardi di euro di EBITDA ordinario, il 10% in più rispetto al piano precedente e oltre il consenso di 2,6 miliardi, e un utile netto superiore a 800 milioni di euro, circa il 12% sopra le stime di consenso. Morgan Stanley ha definito le previsioni per il 2030 “positive but long dated and will be interpreted as lower quality by the market, we expect.”

    Per il 2035, A2A ha ulteriormente alzato gli obiettivi, prevedendo 3,6 miliardi di euro di EBITDA ordinario, rispetto ai 3,3 miliardi del piano precedente, e oltre 1,1 miliardi di euro di utile netto, contro un precedente obiettivo di oltre 1 miliardo.

    La società ha anche confermato la propria politica dei dividendi di “at least 4% per year growth” e ha rivisto al rialzo gli investimenti totali a 23 miliardi di euro per il periodo 2024–2035, rispetto ai 22 miliardi precedenti. A2A ha inoltre dichiarato che il rapporto posizione finanziaria netta/EBITDA non supererà 2,8x, leggermente superiore al precedente limite di 2,7x.

    Morgan Stanley ha osservato che le previsioni 2025 e 2026 “are where we expect the market to focus this morning, hence the small net negative,” ma ha aggiunto che gli obiettivi 2030 e 2035 rappresentano “longer-term positives.” La banca d’affari ha descritto l’aggiornamento come un “mixed bag”, con cautela nel breve periodo ma fondamentali più solidi nel lungo termine.

    Nel piano, A2A ha anche illustrato le stime per segmenti del 2025, con 1,2 miliardi di euro di EBITDA dalle attività energetiche, 500 milioni dalle infrastrutture intelligenti e 600 milioni dal business dell’economia circolare. Morgan Stanley ha sottolineato che il piano mostra chiaramente la “direction of travel directly vs last plan guide, with 2030 earnings upgraded vs last November.”

  • OIV: Gli estremi climatici mantengono la produzione mondiale di vino al di sotto della media per il terzo anno consecutivo

    OIV: Gli estremi climatici mantengono la produzione mondiale di vino al di sotto della media per il terzo anno consecutivo

    La produzione mondiale di vino ha registrato un leggero recupero nel 2025 ma è rimasta sotto la media di lungo periodo per il terzo anno consecutivo, poiché i vigneti di tutto il mondo continuano a fronteggiare condizioni climatiche sempre più imprevedibili, secondo quanto riportato dall’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino (OIV).

    Secondo le stime preliminari dell’OIV, la produzione globale di vino si attesta a 232 milioni di ettolitri (mhl), con un aumento del 3% rispetto al 2024, ma ancora inferiore del 7% rispetto alla media quinquennale.

    “Se guardiamo alle cause della minore produzione degli ultimi tre anni, la parte principale è davvero legata alle variazioni climatiche che abbiamo osservato in entrambi gli emisferi”, ha dichiarato John Barker, Direttore Generale dell’OIV, in un’intervista a Reuters. “Alcune regioni hanno sofferto il caldo e la siccità, e poi hanno subito piogge torrenziali o gelate inattese. Ed è davvero notevole che sia il terzo anno consecutivo in cui vediamo questo tipo di effetti.”

    Raccolti ridotti in Europa, l’Italia torna al primo posto

    In Europa, il clima estremo ha nuovamente colpito le vigne. La Francia ha registrato il suo raccolto più piccolo dal 1957, mentre la Spagna ha raggiunto un minimo di 30 anni nella produzione. L’Italia, invece, ha beneficiato di condizioni meteorologiche più favorevoli, aumentando la produzione dell’8% e riconquistando il titolo di primo produttore mondiale di vino.

    Negli Stati Uniti, quarto produttore a livello globale, la produzione è prevista a 21,7 mhl, in aumento del 3% rispetto all’anno precedente, ma ancora inferiore del 9% rispetto alla media quinquennale, segno delle difficoltà legate alla variabilità climatica.

    L’emisfero australe mostra segnali di ripresa

    Nell’emisfero sud, la produzione è aumentata del 7% dopo tre anni consecutivi di calo, trainata dai progressi di Sudafrica, Australia, Nuova Zelanda e Brasile, che hanno compensato la flessione del Cile. Tuttavia, la produzione complessiva della regione resta inferiore del 5% rispetto alla media di lungo periodo, ha sottolineato l’OIV.

    Domanda debole e equilibrio nei mercati

    Sebbene la limitata crescita della produzione rappresenti una sfida per i produttori, l’OIV ha osservato che ciò potrebbe contribuire a stabilizzare le scorte globali, in un contesto di domanda in calo nei mercati maturi, consumi in diminuzione in Cina e persistente incertezza nel commercio internazionale.

    “Una bassa produzione può essere molto difficile per singoli produttori e regioni… ma da una prospettiva macroeconomica è positiva, perché garantisce che produzione e consumo siano più o meno allineati”, ha aggiunto Barker.

    L’OIV aggiornerà le sue previsioni più avanti nel corso dell’anno.
    (Un ettolitro equivale a circa 133 bottiglie di vino standard.)

  • La domanda di petrolio e gas continuerà a crescere fino al 2050, mettendo a rischio gli obiettivi climatici

    La domanda di petrolio e gas continuerà a crescere fino al 2050, mettendo a rischio gli obiettivi climatici

    La domanda globale di petrolio e gas continuerà probabilmente ad aumentare fino al 2050, secondo la Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE), segnando una netta inversione rispetto alle precedenti previsioni che ipotizzavano una rapida transizione mondiale verso le energie rinnovabili. L’ultimo rapporto dell’Agenzia avverte che il mondo difficilmente raggiungerà gli obiettivi climatici prefissati con le politiche attuali.

    L’AIE, principale consulente in materia di politica energetica per i paesi industrializzati, ha dovuto adattarsi a pressioni politiche differenti provenienti dagli Stati Uniti. Sotto la presidenza di Donald Trump, l’Agenzia è stata spinta a concentrarsi maggiormente sull’espansione dei combustibili fossili, mentre l’amministrazione Biden ha incoraggiato un’agenda più orientata all’energia pulita. In quel periodo, l’AIE aveva dichiarato che “la domanda globale di petrolio avrebbe raggiunto il picco in questo decennio” e che “non erano necessari ulteriori investimenti in petrolio e gas se il mondo voleva raggiungere il proprio obiettivo climatico.”

    L’ex Segretario all’Energia di Trump, Chris Wright, aveva definito tali proiezioni “senza senso.” L’AIE, finanziata dai paesi membri — con gli Stati Uniti come principale contributore — produce analisi e dati che influenzano le politiche energetiche e climatiche di governi e imprese in tutto il mondo.

    Gli scenari attuali prevedono una crescita costante della domanda di petrolio

    Nel suo World Energy Outlook 2025, l’AIE ha dichiarato che, nello scenario delle “politiche attuali”, la domanda globale di petrolio raggiungerà i 113 milioni di barili al giorno entro il 2050, circa il 13% in più rispetto ai livelli del 2024. L’Agenzia prevede inoltre che la domanda energetica globale crescerà di 90 exajoule entro il 2035, con un aumento del 15% rispetto ai livelli attuali.

    Questo scenario considera solo le politiche già in vigore, escludendo impegni o promesse climatiche. L’AIE aveva abbandonato questo approccio nel 2019, preferendo modelli più allineati all’obiettivo delle emissioni nette zero entro metà secolo. Tuttavia, quest’anno l’Agenzia è tornata a utilizzare lo scenario precedente, spiegando che troppo pochi paesi avevano presentato piani climatici aggiornati per il periodo 2031–2035.

    Nello scenario delle politiche dichiarate, che include iniziative annunciate ma non ancora attuate, l’AIE stima che la domanda di petrolio raggiungerà il picco intorno al 2030 prima di stabilizzarsi. L’Agenzia ha sottolineato che i suoi scenari non rappresentano previsioni, ma servono a illustrare “una gamma di possibili risultati basati su diverse ipotesi.”

    Investimenti record nel GNL mentre cresce la domanda globale

    Il rapporto evidenzia un aumento deciso degli investimenti nel gas naturale liquefatto (GNL) nel 2025, con numerosi nuovi progetti di esportazione approvati. L’AIE prevede che circa 300 miliardi di metri cubi di nuova capacità annuale di GNL entreranno in funzione entro il 2030 — un aumento del 50% dell’offerta mondiale.

    Se le politiche attuali persisteranno, la domanda globale di GNL potrebbe salire da 560 miliardi di m³ nel 2024 a 880 miliardi nel 2035 e raggiungere 1.020 miliardi nel 2050, spinta dalla crescente domanda di elettricità proveniente da data center e infrastrutture di intelligenza artificiale.

    L’Agenzia stima inoltre che gli investimenti globali nei data center raggiungeranno i 580 miliardi di dollari nel 2025, superando i 540 miliardi spesi ogni anno per la produzione di petrolio — un chiaro segnale di come le tecnologie digitali stiano rimodellando il consumo energetico globale.

    Il riscaldamento globale supererà 1,5°C

    Lo scenario net zero delineato dall’AIE mostra un percorso teorico per ridurre le emissioni a zero netto entro il 2050, ma l’Agenzia avverte che il mondo non è sulla strada giusta per raggiungere questo traguardo.

    Più di 190 paesi hanno firmato l’Accordo di Parigi del 2015, impegnandosi a limitare il riscaldamento globale a 1,5°C (2,7°F). Tuttavia, l’AIE avverte che tutti gli scenari analizzati mostrano che il pianeta supererà tale soglia, diminuendo solo nello scenario net zero se verranno impiegate su larga scala tecnologie di rimozione del carbonio.

    I risultati tracciano un quadro preoccupante: nonostante i progressi nelle energie rinnovabili, i combustibili fossili continueranno a dominare il mix energetico mondiale per i prossimi decenni, compromettendo gli sforzi per raggiungere gli obiettivi climatici globali.

  • Il dollaro sale leggermente in attesa della riapertura del governo USA e dei segnali della Fed

    Il dollaro sale leggermente in attesa della riapertura del governo USA e dei segnali della Fed

    Il dollaro statunitense è salito leggermente mercoledì, mantenendosi stabile in un contesto di scambi contenuti mentre gli investitori attendevano la fine ufficiale del più lungo shutdown governativo nella storia degli Stati Uniti. Con la volatilità ai minimi, i mercati hanno spostato l’attenzione sulla prossima riunione della Federal Reserve e sui dati chiave sul mercato del lavoro che dovrebbero essere pubblicati una volta riaperto il governo.

    Alle 04:40 ET (09:40 GMT), l’Indice del Dollaro, che misura la valuta americana rispetto a un paniere di sei principali divise, era in rialzo dello 0,2% a 99,470.

    Il dollaro si stabilizza dopo i timori sul mercato del lavoro

    La valuta statunitense ha recuperato terreno dopo una breve flessione all’inizio della settimana, quando la società ADP ha segnalato che le aziende statunitensi avevano tagliato posti di lavoro a fine ottobre — alimentando preoccupazioni su un rallentamento della crescita occupazionale. Questi dati hanno aumentato l’incertezza sulle prossime mosse della Fed in vista della riunione di dicembre.

    “Il dollaro è stato brevemente colpito ieri dopo che la società privata di payroll ADP ha suggerito che a ottobre si erano persi 11.000 posti di lavoro a settimana. Questo rapporto ha utilizzato una metodologia diversa rispetto alla precedente pubblicazione, che mostrava +42.000 nuovi posti nello stesso mese. Tuttavia, il dollaro non è rimasto debole a lungo e ha recuperato un po’ di terreno durante la notte,” hanno scritto gli analisti di ING in una nota.

    Secondo lo strumento CME FedWatch, i mercati ora stimano una probabilità del 61,9% di un taglio dei tassi di 25 punti base nella riunione della Fed del 10–11 dicembre, rispetto al 57,8% del giorno precedente.

    Il Senato degli Stati Uniti ha approvato all’inizio della settimana una legge di bilancio per riaprire il governo, che ora dovrà essere votata dalla Camera dei Rappresentanti.

    “Se approvata, ciò significherebbe che il governo statunitense potrebbe riaprire, forse venerdì, e che il rapporto sull’occupazione NFP di settembre (potenzialmente negativo per il dollaro) potrebbe essere pubblicato all’inizio della prossima settimana,” ha aggiunto ING.

    Euro e sterlina sotto pressione

    In Europa, l’euro ha leggermente perso terreno, con EUR/USD in calo dello 0,1% a 1,1573 dopo che i dati ufficiali hanno confermato che l’inflazione tedesca è rallentata al 2,3% in ottobre, rispetto al 2,4% di settembre. La lettura ha rafforzato le aspettative che la Banca Centrale Europea manterrà invariata la politica monetaria.

    Anche la sterlina britannica si è indebolita, con GBP/USD in calo dello 0,2% a 1,3124, dopo dati deludenti sull’occupazione nel Regno Unito. L’incertezza politica ha ulteriormente pesato sulla valuta, con indiscrezioni secondo cui il Primo Ministro Keir Starmer potrebbe affrontare una sfida alla leadership dopo la presentazione del bilancio di fine mese.

    “Anche se i tassi di approvazione di Starmer sono molto bassi, la sua rimozione creerebbe qualche dubbio sul futuro della Cancelliere Rachel Reeves e aggiungerebbe un premio al rischio ai mercati britannici,” ha affermato ING.

    Yen ai minimi da nove mesi; l’australiano guadagna terreno

    In Asia, lo yen si è ulteriormente indebolito, con USD/JPY in aumento dello 0,4% a 154,73, toccando un minimo di nove mesi mentre gli investitori favorivano asset più rischiosi e scontavano aspettative di una politica fiscale più espansiva sotto la nuova Primo Ministro Sanae Takaichi.

    “Un fattore che si ritiene sostenga USD/JPY sono gli investimenti diretti negli Stati Uniti. Questi flussi potenziali hanno portato USD/JPY vicino alla resistenza psicologica a 155, dove gli interventi verbali giapponesi si stanno intensificando,” ha spiegato ING.

    Nel frattempo, l’USD/CNY è salito leggermente a 7,1177, mentre l’AUD/USD è avanzato dello 0,2% a 0,6538, dopo che un alto funzionario della Reserve Bank of Australia ha dichiarato che “è in corso un crescente dibattito sul fatto che il tasso attuale del 3,6% sia sufficientemente restrittivo per tenere sotto controllo l’inflazione.”

  • Prezzo dell’oro in calo mentre gli investitori valutano la riapertura del governo USA e l’incertezza della Fed

    Prezzo dell’oro in calo mentre gli investitori valutano la riapertura del governo USA e l’incertezza della Fed

    I prezzi dell’oro sono leggermente diminuiti nelle contrattazioni asiatiche di mercoledì, arretrando dopo due giorni di rialzo. L’ottimismo per la possibile riapertura del governo statunitense ha incoraggiato l’appetito per il rischio e rafforzato il dollaro, mentre gli investitori sono rimasti cauti di fronte all’incertezza sulla prossima decisione della Federal Reserve in materia di tassi d’interesse.

    Alle 23:42 ET (04:42 GMT), l’oro spot è sceso dello 0,5% a 4.108,36 dollari l’oncia, mentre i futures di dicembre hanno ceduto lo 0,1% a 4.114,30 dollari l’oncia. Tra gli altri metalli preziosi, il platino è calato dello 0,2% a 1.583,90 dollari, mentre l’argento ha perso lo 0,3% a 51,11 dollari, restituendo parte dei guadagni registrati all’inizio della settimana.

    I mercati osservano il voto del Congresso sulla fine dello shutdown

    Il sentiment degli investitori è migliorato dopo che il Senato degli Stati Uniti ha approvato un disegno di legge volto a porre fine al più lungo shutdown della storia americana, durato 42 giorni. La misura passa ora alla Camera dei Rappresentanti, che dovrebbe votarla mercoledì prima dell’approvazione finale da parte del presidente Donald Trump.

    La prospettiva di una riapertura del governo ha rafforzato le borse e gli asset più rischiosi, riducendo la domanda di beni rifugio come l’oro. Tuttavia, il metallo prezioso rimane ben al di sopra della soglia dei 4.000 dollari l’oncia, sostenuto dall’incertezza sulla politica monetaria e dalle tensioni commerciali ancora irrisolte.

    L’attenzione si sposta sulla Fed e sui dati economici in ritardo

    Il mercato guarda ora alla Federal Reserve, dove i responsabili politici restano divisi sulla possibilità di un nuovo taglio dei tassi a dicembre. Secondo quanto riportato da Nick Timiraos del Wall Street Journal, i ritardi nella pubblicazione dei dati economici — dovuti allo shutdown — hanno accentuato le divergenze tra i funzionari della Fed sulla solidità dell’economia e sull’opportunità di ulteriori stimoli.

    La riapertura del governo dovrebbe consentire la pubblicazione dei principali indicatori economici, tra cui occupazione, inflazione e consumi, offrendo maggiore chiarezza a investitori e policymaker.

    Per il momento, le aspettative di un taglio dei tassi restano incerte. Lo strumento CME FedWatch indica una probabilità del 62,4% di un taglio di 25 punti base nella riunione della Fed del 10–11 dicembre, rispetto al 57,8% registrato il giorno precedente.

    Nonostante il recente calo, la tenuta dell’oro sopra i livelli chiave dimostra la cautela persistente degli investitori di fronte ai segnali contrastanti provenienti da Washington e dalla Federal Reserve. I prossimi dati economici statunitensi saranno determinanti per capire se il metallo potrà riprendere la sua corsa o entrare in una fase di consolidamento.

  • Prezzi del petrolio in calo mentre i mercati attendono la fine dello shutdown negli Stati Uniti

    Prezzi del petrolio in calo mentre i mercati attendono la fine dello shutdown negli Stati Uniti

    I prezzi del petrolio sono scesi leggermente durante le contrattazioni asiatiche di mercoledì, poiché l’ottimismo per una possibile riapertura del governo statunitense è stato smorzato dai persistenti timori di un eccesso di offerta globale e da un dollaro più forte. Gli operatori di mercato restano cauti, con il greggio che fatica a trovare una direzione chiara tra segnali contrastanti su domanda e offerta.

    Alle 20:21 ET (01:21 GMT), i futures sul Brent con consegna a gennaio sono diminuiti dello 0,2% a 65,04 dollari al barile, mentre i futures sul West Texas Intermediate (WTI) sono calati dello 0,2% a 60,85 dollari al barile.

    Il Congresso si muove per porre fine al più lungo shutdown della storia USA

    Il Senato statunitense ha approvato martedì un disegno di legge per riaprire il governo federale, e la Camera dei Rappresentanti, controllata dai repubblicani, dovrebbe votare la misura mercoledì. Una volta firmato dal presidente Donald Trump, il provvedimento metterà ufficialmente fine ai 42 giorni di chiusura, il periodo più lungo nella storia americana.

    La prospettiva della riapertura del governo ha offerto un moderato sostegno ai prezzi del greggio, poiché la sospensione dei servizi federali aveva pesato su vari settori, incluso quello dei trasporti aerei. La carenza di controllori di volo e personale di sicurezza ha causato numerose cancellazioni di voli, alimentando i timori di un calo della domanda di carburante.

    I timori di eccesso di offerta limitano i guadagni nonostante le sanzioni

    Il leggero rimbalzo dei prezzi registrato all’inizio della settimana è stato in parte sostenuto dalla notizia che Lukoil ha dichiarato la force majeure in un giacimento iracheno, evidenziando gli effetti delle nuove sanzioni statunitensi imposte ai principali produttori di energia russi. Gli analisti ritengono che le sanzioni possano ridurre temporaneamente l’offerta globale, ma che l’effetto sarà probabilmente limitato da un eccesso di produzione più ampio.

    Nonostante alcuni segnali di ripresa, i principali benchmark petroliferi restano sotto pressione per gran parte del 2025, con gli operatori sempre più preoccupati per un possibile surplus che potrebbe estendersi fino al 2026. L’aumento graduale della produzione da parte dell’alleanza OPEC+, unito alla domanda debole in mercati chiave come la Cina, ha alimentato le aspettative di un eccesso di offerta persistente.

    Sebbene i rischi geopolitici e le sanzioni possano creare volatilità a breve termine, gli analisti avvertono che la domanda debole e la produzione in crescita continueranno a esercitare pressioni ribassiste sui prezzi del petrolio nei prossimi mesi.