L’oro si stabilizza dopo un forte balzo, spinto da dati deboli sul lavoro USA e aspettative di tagli ai tassi

I prezzi dell’oro sono rimasti sostanzialmente invariati lunedì, dopo un’impennata alla fine della scorsa settimana, in seguito a dati occupazionali deludenti negli Stati Uniti che hanno rafforzato le attese per un taglio dei tassi da parte della Federal Reserve.

Alle 05:00 ET (09:00 GMT), l’oro spot è sceso dello 0,1% a 3.358,72 dollari l’oncia, mentre i futures sull’oro con consegna a dicembre sono saliti dello 0,4% a 3.412,55 dollari l’oncia.

Il report sul lavoro rilancia i rialzisti sull’oro

Venerdì l’oro ha guadagnato oltre il 2%, interrompendo due settimane consecutive di cali. Il rialzo è stato innescato dai dati occupazionali statunitensi inferiori alle attese: le buste paga non agricole sono aumentate di appena 73.000 unità a luglio, ben al di sotto delle previsioni. I dati di maggio e giugno sono stati rivisti al ribasso.

Il tasso di disoccupazione è salito al 4,2%, segnalando un rallentamento del mercato del lavoro e portando gli investitori a prezzare una probabilità del 90% per un taglio dei tassi a settembre.

Tassi d’interesse più bassi aumentano l’attrattiva dell’oro, riducendo il costo opportunità degli asset che non generano rendimento.

L’incertezza sui dazi spinge ulteriormente la domanda di oro

Anche l’incertezza geopolitica ha sostenuto i prezzi. La decisione del presidente Trump di imporre dazi su una vasta gamma di importazioni da Canada, Brasile, India e Taiwan ha creato tensioni sui mercati.

Queste misure hanno sollevato timori inflazionistici e potrebbero avere effetti negativi sul commercio globale, spingendo gli investitori verso l’oro come bene rifugio.

L’oro resta una scelta popolare in un contesto di bassi rendimenti e incertezza economica.

Andamento misto per gli altri metalli

Altri metalli preziosi sono saliti: i futures sul platino hanno guadagnato l’1% a 1.329,50 dollari l’oncia, mentre quelli sull’argento sono cresciuti dell’1,3% a 37,417 dollari.

Nel comparto rame, i futures LME sono saliti dello 0,9% a 9.726,10 dollari a tonnellata, mentre quelli USA sono avanzati dello 0,8% a 4,4695 dollari per libbra.

Nonostante i guadagni, il rame USA resta sotto pressione dopo il crollo del 20% della scorsa settimana, seguito all’esclusione del metallo raffinato dai dazi previsti.

“Il crollo di un’operazione di arbitraggio ha lasciato gli Stati Uniti con un enorme accumulo di scorte di rame,” hanno affermato gli analisti di ING in una nota. “Le scorte di rame nei magazzini Comex sono ai massimi da 21 anni. Ora quelle scorte potrebbero essere riesportate.”

“Ciò sarà negativo per i prezzi LME, poiché più rame si riverserà nei magazzini LME,” hanno aggiunto.

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