I prezzi dell’oro sono scesi nel commercio asiatico di venerdì, avvicinandosi al livello più basso da quasi un mese, poiché la tregua in corso tra Israele e Iran ha attenuato le tensioni geopolitiche, riducendo la domanda del metallo rifugio. Nel frattempo, gli investitori sono concentrati sui dati sull’inflazione USA in arrivo, che potrebbero influenzare le decisioni della Federal Reserve sui tassi di interesse.
L’oro spot è calato dell’1% a 3.293,79 dollari l’oncia, segnando il livello più basso dall’inizio di giugno. I futures sull’oro ad agosto sono scesi dell’1,2%, attestandosi intorno a 3.306,70 dollari l’oncia nelle prime ore di venerdì (01:15 ET / 05:15 GMT). Il metallo si prepara a chiudere la settimana con perdite superiori al 2%, segnando il secondo calo settimanale consecutivo e un ribasso di quasi il 6% rispetto al record di fine aprile.
La tregua in Medio Oriente regge, all’orizzonte i dati sull’inflazione
La tregua mediata dal presidente USA Donald Trump tra Israele e Iran sembrava reggere fino a giovedì, attenuando i timori relativi ai conflitti regionali e indebolendo il ruolo tradizionale dell’oro come bene rifugio in tempi di crisi.
Gli operatori di mercato ora attendono la pubblicazione dell’indice dei prezzi per le spese personali di consumo (PCE) di maggio — l’indicatore d’inflazione preferito dalla Federal Reserve — prevista per venerdì. Le previsioni indicano un aumento mensile dello 0,1% sia per il PCE headline che per il core, con incrementi annuali rispettivamente del 2,3% e del 2,6%, leggermente superiori ai valori dell’anno precedente.
Questo segue l’audizione del presidente della Fed Jerome Powell al Congresso, durante la quale ha espresso cautela nel tagliare troppo presto i tassi di interesse e ha evidenziato che le pressioni inflazionistiche, in particolare quelle legate ai dazi, potrebbero essere più persistenti del previsto.
In risposta, il presidente Trump ha criticato duramente Powell e ha indicato di prendere in considerazione “tre o quattro” candidati per sostituirlo, con fonti che suggeriscono una possibile nomina già a settembre.
Prezzi delle materie prime in calo mentre il dollaro si rafforza leggermente
L’indice del dollaro USA è salito dello 0,1% durante le ore asiatiche, rimanendo però vicino ai minimi degli ultimi tre anni. Un dollaro più forte rende le materie prime denominate in dollari, come l’oro, più costose per gli acquirenti esteri, riducendone la domanda.
I futures sul platino sono scesi dell’1,3% a 1.392 dollari l’oncia, arretrando da livelli che non si vedevano da oltre un decennio, anche se il metallo segna ancora un guadagno del 32% nel mese. I futures sull’argento hanno perso lo 0,6%, scendendo a 36,38 dollari l’oncia.
Nel frattempo, il rame ha mostrato movimenti contrastanti: i futures sul rame alla London Metal Exchange sono calati dello 0,2% a 9.891,15 dollari la tonnellata, mentre quelli negli USA sono leggermente aumentati, attestandosi intorno a 5,06 dollari la libbra.
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