Il petrolio rimane vicino ai massimi di due settimane grazie alle attese di un taglio dei tassi della Fed e alle tensioni geopolitiche

I prezzi del petrolio sono rimasti prossimi ai livelli più alti delle ultime due settimane lunedì, sostenuti dalle crescenti aspettative che la Federal Reserve statunitense taglierà i tassi questa settimana — una decisione che, secondo i trader, potrebbe stimolare l’attività economica e quindi la domanda di energia. Allo stesso tempo, i mercati continuano a monitorare le tensioni geopolitiche che potrebbero ostacolare le forniture da Russia e Venezuela.

Alle 07:22 GMT, il Brent è salito di 14 centesimi, pari allo 0,22%, a 63,89 dollari al barile, mentre il West Texas Intermediate statunitense è avanzato di 15 centesimi, ovvero lo 0,25%, a 60,23 dollari. Entrambi i benchmark avevano chiuso venerdì ai livelli più alti dal 18 novembre.

I dati LSEG mostrano che i mercati stanno attualmente prezzando una probabilità dell’84% di un taglio di un quarto di punto quando la Fed concluderà la riunione di martedì e mercoledì. Tuttavia, i commenti dei membri del board indicano che potrebbe essere una delle riunioni più divisive degli ultimi anni, aumentando l’attenzione degli investitori sulla direzione della politica monetaria e sulle dinamiche interne della banca centrale.

In Europa, i progressi nei negoziati di pace sull’Ucraina rimangono lenti, con persistenti divergenze sulle garanzie di sicurezza per Kiev e sullo status dei territori occupati dalla Russia. Anche tra Stati Uniti e Russia ci sono forti divergenze sulla proposta di pace presentata dall’amministrazione del presidente statunitense Donald Trump.

Gli analisti di ANZ hanno scritto in una nota ai clienti: “I vari potenziali risultati dell’ultima iniziativa di Trump per porre fine alla guerra potrebbero generare una variazione dell’offerta di petrolio superiore a 2 milioni di barili al giorno.”

L’analista della Commonwealth Bank of Australia, Vivek Dhar, ha affermato che un cessate il fuoco rappresenta il principale rischio ribassista per le prospettive dei prezzi del petrolio, mentre danni prolungati alle infrastrutture petrolifere della Russia costituiscono un rischio rialzista significativo.

Dhar ha aggiunto: “Riteniamo che le preoccupazioni riguardanti l’eccesso di offerta finiranno per concretizzarsi, soprattutto man mano che i flussi di petrolio russo e di prodotti raffinati aggireranno le sanzioni esistenti, spingendo i futures a dirigersi gradualmente verso i 60 dollari al barile entro il 2026.”

Nel frattempo, secondi fonti citate da Reuters, i Paesi del G7 e l’Unione Europea stanno discutendo la possibilità di sostituire il price cap sul petrolio russo con un divieto totale dei servizi marittimi, una misura che limiterebbe ulteriormente la fornitura dal secondo maggiore produttore mondiale.

Gli Stati Uniti hanno anche intensificato la pressione sul Venezuela — membro dell’OPEC — colpendo imbarcazioni che, secondo Washington, stavano tentando di contrabbandare droga dal paese e accennando a possibili azioni militari per rovesciare il presidente Nicolás Maduro.

Nel frattempo, secondo analisti e fonti commerciali, le raffinerie indipendenti cinesi hanno aumentato gli acquisti di petrolio iraniano sotto sanzione, prelevandolo da depositi terrestri grazie a nuove quote di importazione, contribuendo ad alleviare l’eccesso di offerta.

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