I prezzi dell’oro sono diminuiti durante le contrattazioni asiatiche di martedì, scendendo dai livelli record poiché gli investitori hanno incassato i profitti e i segnali di miglioramento delle relazioni commerciali tra Stati Uniti e Cina hanno ridotto la domanda di beni rifugio.
L’oro spot è sceso dello 0,8% a 4.322,95 dollari l’oncia alle 02:27 ET (06:27 GMT), dopo aver toccato lunedì un massimo storico di 4.381,21 dollari/oncia. I future sull’oro USA con consegna a dicembre hanno ceduto lo 0,5% a 4.339,35 dollari/oncia.
L’ottimismo commerciale riduce l’appeal dell’oro rifugio
Il calo è arrivato dopo che Donald Trump ha adottato un tono più conciliante sui negoziati commerciali, dichiarando di aspettarsi un accordo “forte e giusto” con la Cina e sottolineando l’intenzione di avere colloqui costruttivi con Xi Jinping durante il vertice della prossima settimana in Corea del Sud.
Ad alimentare l’ottimismo, il Segretario al Tesoro USA Scott Bessent incontrerà il Vicepremier cinese He Lifeng in Malesia più avanti nella settimana. Ciò avviene in un contesto ancora teso, con Trump che ha minacciato di imporre dazi del 100% sulle merci cinesi a partire dal 1° novembre.
Anche il consigliere economico della Casa Bianca Kevin Hassett ha contribuito a migliorare il sentiment lunedì affermando che la prolungata chiusura del governo USA era “probabilmente destinata a concludersi questa settimana”, grazie ai progressi nei negoziati bipartisan.
L’allentamento dei rischi politici e commerciali ha quindi ridotto l’urgenza per gli investitori di rifugiarsi nell’oro.
Attesa per i dati sull’inflazione USA
L’attenzione si concentra ora sui dati ritardati dell’indice dei prezzi al consumo statunitense, che verranno pubblicati venerdì. Gli economisti prevedono un aumento annuo dell’inflazione del 3,1%. Un dato superiore alle attese potrebbe ridurre le probabilità di un taglio dei tassi alla riunione di ottobre della Federal Reserve.
Nonostante la flessione, l’oro resta sostenuto dalle aspettative di un allentamento monetario imminente da parte della Fed, dalle misure tariffarie di Trump e dagli acquisti continui da parte delle banche centrali.
Un dollaro più forte pesa sui metalli
Il rafforzamento della United States dollar ha esercitato ulteriori pressioni sul mercato dei metalli, rendendo le materie prime più costose per gli acquirenti internazionali.
I future sull’argento sono scesi dell’1,5% a 50,68 dollari l’oncia, mentre quelli sul platino hanno perso l’1,1% a 1.633,60 dollari/oncia. Il rame di riferimento sulla London Metal Exchange è calato dello 0,2% a 10.666,20 dollari la tonnellata, mentre i future sul rame USA sono scesi dell’1% a 5,00 dollari per libbra.

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