I prezzi del petrolio hanno esteso le perdite durante le contrattazioni asiatiche di venerdì, dopo essere crollati di oltre il 6% nella sessione precedente, a seguito dell’accordo dell’OPEC+ per accelerare l’aumento della produzione e dei nuovi dazi generalizzati annunciati dal presidente statunitense Donald Trump, che hanno ulteriormente indebolito il sentiment del mercato.
Alle 21:33 ET (01:33 GMT), i futures sul Brent con scadenza a giugno sono scesi dello 0,4% a 69,84 dollari al barile, mentre i futures sul greggio West Texas Intermediate (WTI) sono calati dello 0,5% a 66,17 dollari al barile.
Entrambi i contratti avevano registrato un calo superiore al 6% giovedì.
Goldman Sachs rivede al ribasso le previsioni sui prezzi del petrolio
Goldman Sachs ha tagliato le sue proiezioni sui prezzi del petrolio a causa dell’escalation dei dazi e dell’aumento dell’offerta da parte dei Paesi OPEC+.
La banca di Wall Street prevede ora che nel 2025 il prezzo medio del Brent sarà di 69 dollari al barile e quello del WTI di 66 dollari. Per il 2026, le stime scendono rispettivamente a 62 dollari per il Brent e 59 per il WTI.
L’OPEC+ accelera sulla produzione, crescono i timori di eccesso d’offerta
Otto membri dell’OPEC+, il gruppo che comprende l’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio e i suoi alleati guidati dalla Russia, hanno annunciato giovedì l’intenzione di aumentare la produzione più rapidamente del previsto.
Il cartello ha concordato un incremento di 411.000 barili al giorno, a un ritmo superiore rispetto ai piani precedenti.
La decisione arriva in risposta alle crescenti pressioni da parte dei Paesi consumatori, inclusi gli Stati Uniti, affinché si contengano i prezzi dei carburanti e si allevino le pressioni inflazionistiche.
Il forte calo dei prezzi del petrolio riflette la preoccupazione degli investitori che l’offerta aggiuntiva possa superare la domanda, soprattutto in un contesto di incertezza economica.
Tassi d’interesse elevati, crescita globale in rallentamento e la ripresa economica irregolare della Cina alimentano i dubbi sulla capacità della domanda di tenere il passo con l’aumento dell’offerta.
I trader temono inoltre che un possibile rallentamento economico nelle principali economie mondiali possa ridurre ulteriormente il consumo di petrolio, esercitando ulteriore pressione al ribasso sui prezzi.
I dazi di Trump alimentano i timori di recessione; in arrivo i dati sull’occupazione USA
L’annuncio da parte del presidente Trump di nuovi dazi su vasta scala ha avuto un impatto significativo sui prezzi globali del petrolio, che sono crollati di oltre il 6%, segnando il calo più marcato degli ultimi tre anni.
Il dazio universale del 10% su tutte le importazioni, insieme a tariffe ancora più elevate per singoli Paesi — come il 54% sulle importazioni cinesi — ha intensificato i timori di una recessione globale. Un tale contesto potrebbe ridurre l’attività industriale e la spesa dei consumatori, comportando una minore domanda di petrolio.
Preoccupano in particolare i dazi imposti alla Cina, uno dei maggiori consumatori e importatori mondiali di greggio.
Il ruolo centrale della Cina nel mercato energetico globale significa che queste tariffe potrebbero provocare un forte calo delle sue importazioni di petrolio.
Inoltre, i dazi hanno sollevato timori riguardo all’escalation delle dispute commerciali e a possibili misure di ritorsione da parte dei Paesi colpiti. Tensioni di questo tipo possono perturbare le catene di approvvigionamento globali e ostacolare la crescita economica, peggiorando ulteriormente le prospettive per la domanda di petrolio.
In vista, gli investitori attendono il rapporto sui salari negli Stati Uniti in uscita venerdì e un discorso del presidente della Federal Reserve Jerome Powell, che potrebbero fornire indicazioni sulla salute dell’economia americana e sull’orientamento della politica monetaria.